VANNINI

VANNINI

Portaferiti diede mirabili prove di attività, fermezza e coraggio, recandosi con nobile spirito di cameratismo più e più volte oltre la nostra prima linea per raccogliere e trasportare i feriti, sempre incurante del fuoco nemico. Accortosi che un compagno, caduto a pochi metri dalle feritorie avversarie, invocava soccorso volle accorrere in suo aiuto, mentre i nemici, rilevato tale tentativo cominciavano a tempestare la zona col fuoco di fucileria e lancio di bombe. Costretto per ben due volte ad indietreggiare di fronte alla furia delle offese avversarie, non rinunciò all’impresa, e, poiché le invocazioni del ferito si facevano più lamentose, in un terzo, prodigioso sforzo, attraversò d’un balzo la zona interdetta. Colpito egli stesso alla testa, cadde al suolo; ma, rialzatosi poco dopo, prese il compagno tra le braccia e lo trascinò fino alle nostre linee, ove giunto spiro col nome d’Italia sulle labbra. Fulgido esempio di altruismo e di alto sentimento del dovere.

Plava, 21 luglio 1915

NOTE BIOGRAFICHE

VANNINI ANGELO, di Luigi e di Mirra Polinesi, nacque a Casole d’Elsa di Siena il 23 ottobre 1893 e morì in combattimento a Plava il 21 luglio 1915. Sesto di dodici figli in una laboriosa famiglia di agricoltori, compiute le classi elementari, si preparò al lavoro dei campi aiutando il padre, mezzadro di un podere della Val d’Elsa. Chiamato alle armi per il servizio di leva nell’agosto 1914 ed assegnato all’87° reggimento fanteria, passò, nel gennaio 1915, al 128° di M.T. della brigata «Firenze», allora costituito. Destinato alla 9• compagnia del III bat­taglione, in qualità di portaferiti, raggiunse il 24 maggio la zona di operazioni e nei combattimenti intorno alla testa di ponte di Gorizia si prodigò con esemplare altruismo e continuo cosciente sprezzo del pericolo nella sua missione sulla linea di fuoco a Zagora, Globna, Oslavia e M. Kuk. Il 21 luglio, durante la seconda battaglia dell’Isonzo, nelle operazioni svolte nel settore di Plava, il III battaglione del 128° ebbe l’ordine di attaccare le trincee nemiche di quota 383. Attraverso alcuni varchi aperti nei reticolati col brillamento di tubi esplosivi e raggiunto l’obiettivo assegnatogli, il battaglione avanzò ancora per un centinaio di metri, finché venne fermato da un secondo ordine di trincee e costretto a rafforzarsi sulle posizioni raggiunte. In questa azione il portaferiti Vannini dette prove del più alto sentimento umanitario, di grande ardimento e di coraggio spingendosi più volte lungo la linea del fuoco, entro i reticolati nemici e fatto bersaglio dal violento tiro della fucileria nemica, per raccogliere e trasportare i numerosi feriti al posto di medicazione. Nell’ultimo tentativo di soccorrere un compagno, vinto dallo, sforzo prodigioso compiuto nella sublime missione e dalla ferita riportata per colpo di fucile, sacrificò eroicamente sul campo la sua giovane esistenza.